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pasticcerie di lusso

Riportiamo di seguito un’intervista che il professor Mauro Ferraresi (docente di sociologia dei consumi e della comunicazione all’Università IULM di Milano) ha rilasciato alla redazione di Host Milano. Scopriamo insieme a lui che cos’è e com’è nata la pasticceria di lusso.

Prada che acquisisce la storica pasticceria milanese Marchesi e apre in Montenapoleone e in Galleria, il gruppo LVMH che si compra Cova, altro brand storico sono solo la punta dell’iceberg. Cosa sta succedendo alla pasticceria, come mai questo interesse delle griffe? E come ha fatto un prodotto pop per eccellenza (il cabaret di paste che si portava a casa la domenica quando veniva a pranzo la nonna) a diventare articolo di lusso? Lo abbiamo chiesto al professor Mauro Ferraresi, docente di sociologia dei consumi e della comunicazione all’Università IULM di Milano.
“È successo che la pasticceria ha scoperto il lusso come categoria, vale a dire la capacità di far entrare la pasticceria all’interno del lusso. Che è una categoria sociologica più che merceologica, dunque entrano prodotti “lussuosi” ovvero contraddistinti da esclusività, preziosità e unicità. In grado di fornire quella capacità di ostentazione che racconta uno status symbol, o più semplicemente un gusto, una capacità di scegliere cose belle. Questo è accaduto nel pastry.
 
Come si comunica un prodotto di lusso?
La forza di tutti i prodotti di lusso è la loro capacità di essere autoesplicativi e comunicare attraverso non tanto le capacità organolettiche quanto la vista, anche tramite una foto ben fatta. Non si avvalgono delle modalità della pubblicità classica. Per la pasticceria, è questa capacità è data dal food design.
 
Come è cambiato il concetto di lusso negli ultimi anni?
Si sta muovendo e sta andando ad occupare la rete, che non è più vissuta come una contraddizione, quando un sito è in grado di convogliare quel senso di esclusività e unicità con i colori, le immagini, il layout a tutti i livelli.

pasticceria di lusso
 
Anche la pasticceria sta facendo questo?
La pasticceria può imparare dal fashion design, per il pastry il percorso è in atto ora, stiamo raccontando un fenomeno che stiamo vivendo.
 
Come si spiega l’interesse delle griffe dell’alta moda per la pasticceria?
L’alta moda fa parte del Made in Italy, è un brand incastrato in un altro brand che è tra i più noti al mondo. La pasticceria italiana a mio avviso, rispetto ad altre come la francese, ha un carta in più da giocare se entra nel solco del made in Italy, brand conosciuto che le mette a disposizione un terreno che occupa tutto il mondo, che funziona molto bene e mette insieme moda, alimentazione e design. Tutti aspetti che il pastry può sfruttare molto bene.
 
Come si può promuovere questo aspetto?
Lavorando sul fashion e sul design, oltre che sul gusto, sfruttando modalità che andranno a costruire una relazione completa con il prodotto e che coinvolgono i cinque sensi: è ciò che chiamiamo marketing esperienziale.
 
Il piccolo pasticcere beneficerà di questo trend?
Mi immagino un trickle-down effect, che tradurrei come effetto di trasferimento: chi è trendsetter produce un richiamo benefico anche verso chi non lo è in termini di reputazione e vendite. Più cresce l’esclusività di alcune punte avanzate nel settore pastry, più ne guadagneranno le parti meno lussuose e più democratiche.
 
In tv sono arrivati anche i pastry chef…
È anche questo un fenomeno che concorre a generare e diffondere questa idea di esclusività. Aiuta a costruire un’aura di lusso nel settore pastry. Un effetto che è già stato provato dagli chef, e mi immagino si ripeterà con i pastry chef che diventano noti al grande pubblico. La tv fa due tipi di operazioni. Diffonde al grande pubblico un prodotto, che può essere anche uno chef. E lo rende elitario, perché tutti lo conoscono ma non tutti possono accedervi.

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