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Alessio Beltrami: da Barcellona al mondo

Alessio Beltrami

Abbiamo avuto l’onore di intervistare Alessio Beltrami, barman di fama internazionale che attualmente guida il Paradiso di Barcellona, famoso cocktail bar spagnolo al terzo posto della classifica The World’s 50 Best Bar. Con Alessio Beltrami abbiamo parlato del suo lavoro, di ingredienti amati, di cocktail e anche del futuro della mixology.

Alessio Beltrami, cosa vuol dire per te essere un barman?

Quello del bartender è un lavoro che si differenzia molto dagli altri perché tutto ciò che è connesso alle ricette, preparazioni è sì, molto importante, ma non sufficiente. Un bartender deve saper essere una persona carismatica ed empatica, deve sapere stare al mondo, capire la gente come uno “psicologo”, affinché il cliente trascorra il più bel momento possibile. Nell’esperienza di un bar, il cocktail è come una virgola in un testo: il nostro ruolo è fondamentale.

Quando hai iniziato ad appassionarti a questo mestiere? Quali sono state le tue esperienze e quali i tuoi maestri?
Ho cominciato in una scuola alberghiera per cuochi di Stresa. Dopo due anni di cucina mi sono presto reso conto che era una tipologia di vita un po’ noiosa, sempre al chiuso. Poi ho conosciuto uno dei miei mentori, Samuele Rainoldi: ogni volta che andavo a trovarlo vedevo che era sempre felice e aperto. Ed è stato lui che mi ha fatto cambiare strada.

I primi passi li ho iniziati vicino casa, in Val Strona, con aperitivi e caffè. Poi, a 18 anni, mi sono spostato in Inghilterra, a Leeds, dove ho incontrato Alessandro Ceolin, uno dei miei professori. Ho toccato con mano la tipica cultura british dei cocktail. Ho vissuto due anni e mezzo in Inghilterra, poi sono approdato ad Amsterdam al Door 74. È stata poi la volta dell’Australia, a Perth, dove ho lavorato per due anni al Bobeche. Ho scoperto nuovi sapori e ingredienti e, finalmente, sono arrivato a Barcellona (iniziando all’Hotel Vela): lì ho conosciuto Giacomo Giannotti e dopo tre settimane ha iniziato il mio percorso professionale al Paradiso, dove sognavo di lavorare da tempo.

Quali sono a tuo avviso le doti e le caratteristiche che non possono mai mancare ad un vero barman?

Passione ed empatia sono gli ingredienti principali. È importante sapere che siamo noi, in quanto bartender, a creare la festa. Ai giovani che cominciano vorrei dire di abituarsi al fatto che quando gli altri fanno la festa noi dobbiamo lavorare. Noi creiamo il mood.

Quali sono gli ingredienti che ami utilizzare?

Un prodotto che ho conosciuto meglio qui in Spagna sono i vini di Jerez, vini ossidati che apportano complessità ai cocktail. Tra le spezie apprezzo moltissimo il cardamomo nero, che utilizza spesso. È una spezia che apporta una parte mentolata, una affumicata e una fresca.

Quali sono i cocktail che ami realizzare maggiormente?

Da italiano, ovviamente il Negroni; anche il Bloody Mary perché consente di giocare sulla parte speziata per dare altri profili ai cocktail, connettendo bar e cucina. Il mio preferito in assoluto è il Daiquiri, una perfetta combinazione di temperatura acidità e alcool.

La ricetta che consideri il tuo cavallo di battaglia.

Nel nuovo menu di Paradiso abbiamo il cosiddetto Vulcano Negroni, twist del classico Negroni con una parte terrosa, diciamo un Negroni più esotico: ha una base di rhum infusionato con olio di cocco, con un vermouth home made di barbabietola (realizzato nel Paradiso Lab), Campari infuso con foglie di Pandan (foglia tipica delle Filippine che ha il gusto delle nocciole) e un goccio di liquore di mandorla. Lo serviamo con una roccia commestibile fatta di biscotto disidratato di olive nere.

Parlaci un po’ del tuo locale. E quali sono le caratteristiche che deve avere il tuo locale ideale?

Penso sempre che tutta la parte di decorazioni interne siano fondamentali per il bar: ad esempio a me piace molto lo stile del bar dove lavoro adesso. Anche la musica è importante e deve adattarsi allo stile del locale. Uno dei punti principali è la prima accoglienza: i primi trenta secondi sono quelli più importanti per un cliente e possono rivelarsi decisivi. Oltre a queste caratteristiche, nel locale dei miei sogni desidererei bancone molto lungo, cosa che in molti bar per problemi di spazio spesso non c’è.

Come sarà possibile superare la crisi del Covid?

Qui in Catalogna si è sentita molto la pandemia, più che nel resto della Spagna. Abbiamo ancora restrizioni legate ad esempio al coprifuoco a mezzanotte. Non nego che sia stato un momento molto difficile per una città così turistica come Barcellona. Però alcuni aspetti di questa situazione mi hanno aiutato: nella vita di tutti i giorni, fino all’arrivo del Covid, non avevamo mai tempo per fare nulla; il tempo guadagnato con le restrizioni ci ha consentito di stare in laboratorio, di conoscere alcune preparazioni, di scoprire nuove cose che non avremmo mai potuto conoscere prima. Abbiamo avuto modo di sperimentare.

Alessio Beltrami, scrivi una frase che ti rappresenta, un motto, un aforisma, un messaggio che vorresti far conoscere a tutti.

«Never stop dreaming.» Con il lavoro duro si arriva sempre a qualcosa. Ve ne dico un’altra: «La vita comincia alla fine della tua zona di confort». C’è sempre da cercare la parte difficile delle cose.

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