Bar.it

Peppino Manzi: “La libertà del barman passa per le grandi esperienze lavorative”

“Nel cuore della pittoresca Cervia, il Bar Roma in piazza Garibaldi era un luogo che, per tutto il 1957, scandì le mie giornate. Con uno stipendio dignitoso e la stima del gestore, sembrava che avessi trovato una certa stabilità. Eppure, nonostante l’atmosfera familiare e la clientela abituale, il lavoro si rivelava monotono. Durante l’estate, il bar si animava con il passaggio dei turisti, ma per il resto dell’anno erano sempre gli stessi volti: gli abitanti del paese, con le loro routine fatte di caffè, cappuccini, biliardo e gioco delle carte.

C’era un legame speciale con quel luogo. Mio zio lo aveva aperto decenni prima, prima della mia nascita, e mio padre ci aveva lavorato a lungo. Tuttavia, i tempi erano cambiati. Quel bar, un tempo forse un punto di riferimento elegante, era diventato un normale ritrovo di paese. Sebbene fosse parte della mia storia familiare, non riuscivo a trovare soddisfazione. Sentivo crescere dentro di me un desiderio di evasione, una voglia di scoprire cosa ci fosse oltre i confini di Cervia.

Il sogno di partire si fece sempre più forte man mano che mi avvicinavo alla maggiore età. Immaginavo viaggi e lavori in terre lontane, luoghi dove avrei potuto mettermi alla prova e vivere esperienze nuove. E finalmente, nel 1958, raggiunta l’età maggiorenne, quel traguardo tanto atteso, presi una decisione che avrebbe cambiato la mia vita: partire per la Germania.

La scelta non fu casuale. La Germania era un paese che conoscevo indirettamente grazie ai turisti tedeschi che affollavano la nostra riviera durante l’estate. Erano persone cordiali e curiose, spesso desiderose di interagire nonostante le barriere linguistiche. Già allora avevo capito che conoscere il tedesco, prima ancora dell’inglese, sarebbe stato fondamentale per distinguermi e valorizzare le mie capacità professionali a Cervia/Milano Marittima.

La partenza fu un misto di emozione e timore. Lasciare Cervia significava abbandonare la sicurezza del conosciuto per affrontare un mondo completamente nuovo. Ma ogni passo verso l’ignoto era anche un passo verso la libertà. La Germania rappresentava una sfida, un’opportunità per crescere e scoprire chi fossi realmente.

Così iniziò il mio viaggio, con una valigia piena di sogni e una mente pronta ad apprendere. Guardando indietro, mi rendo conto di quanto quella decisione abbia segnato il mio percorso. Cervia rimase sempre nel cuore, ma la Germania mi insegnò a guardare oltre, ad abbracciare il cambiamento e a scoprire il valore delle esperienze che ci portano lontano da casa.

E così, con il tedesco da imparare come compagno di viaggio il ricordo che mio babbo aveva fatto la stessa esperienza andando a lavorare a Bon prima della guerra del ‘39 e una nuova vita davanti a me iniziò la mia avventura.”

Un’avventura verso Francoforte: l’inizio di un sogno

“Era l’inverno tra il 1957 e il 1958. Frequentavo la scuola ENALC alla pensione “Ragno D’oro a Cervia, seguendo un corso di servizio di sala. Il direttore Lobina, insieme al professore di francese Antonelli, ci insegnava le basi del servizio di sala, una formazione necessaria nel mondo dell’ospitalità. All’epoca, il francese, l’unica lingua che c’insegnavano, era una lingua fondamentale per chi aspirava a lavorare nell’ambito alberghiero.

Tutto sembrava procedere secondo i piani fino a quando, sul finire di febbraio, il direttore Lobina ci annunciò che avrebbe lasciato la scuola. La sua destinazione era Francoforte sul Meno, dove avrebbe diretto l’apertura di un nuovo ristorante. Ci raccontò che conosceva già la città e la lingua, e con entusiasmo partì per questa nuova avventura. Non avrei mai immaginato che, di lì a poco, anche io avrei seguito le sue orme.

Pochi giorni dopo il suo arrivo in Germania, Lobina contattò telefonicamente il nuovo direttore del corso. Chiese se ci fossero due ragazzi pronti a partire subito per unirsi alla sua brigata di sala. La richiesta fu rivolta a me e a Brunetti, un altro scolaro. Io non ci pensai due volte: era un’occasione troppo grande per lasciarsela sfuggire.

Insieme a Valeriano Brunetti, un l’altro giovane studente della scuola, accettai con entusiasmo. Valeriano, tra l’altro, avrebbe poi costruito la sua carriera proprio a Francoforte, dove vive ancora oggi.

Quei giorni prima della partenza furono un turbine di emozioni e preparativi. Fare la valigia fu la parte più semplice; il vero ostacolo fu ottenere i documenti necessari. All’epoca, il passaporto non si otteneva facilmente: servivano settimane, se non mesi, di attesa. Fortunatamente, un amico carabiniere, Stefanini, intervenne per sollecitare la questura e accelerare il processo. Non avevamo una richiesta ufficiale dalla Germania, ma con un po’ di fortuna e tanta determinazione riuscimmo ad ottenere quello che ci serviva.

L’idea di partire per un Paese straniero era eccitante e spaventosa allo stesso tempo. Era il primo passo verso un futuro che prometteva avventure, sfide e opportunità. Francoforte mi aspettava, e io ero pronto a scoprire cosa significasse davvero lavorare in un ristorante di prestigio.

Quell’esperienza avrebbe segnato l’inizio della mia carriera nel mondo della ristorazione, ma anche una fase della mia vita piena di scoperte personali. A volte le decisioni prese d’impulso sono quelle che ci portano più lontano. E così è stato per me: un viaggio che iniziò con una telefonata e una valigia pronta ad essere riempita di sogni.”

Il Coraggio di una madre e la forza della famiglia

Ci sono storie che non hanno bisogno di essere romanzate per toccare il cuore. Sono quelle storie semplici, fatte di sacrifici, amore e decisioni difficili che plasmano il carattere e lasciano un segno indelebile. Questa è una di quelle storie, che parla di una madre forte, altruista e determinata, capace di mettere il bene dei suoi figli davanti a tutto, anche a sé stessa.

“Quando decisi di partire per cercare un futuro migliore, con l’entusiasmo tipico della gioventù, chiesi alla mia Mamma il suo benestare. Lei, nonostante la salute traballante, mi disse: “Peppino, ti voglio tanto bene e voi due figli siete tutto ciò che ho di valore e vi vorrei svegliare io dal vostro letto ogni mattino, ma tutto ciò che ti farà felice per imparare il tuo mestiere io non ti sarò d’ostacolo, anche tuo Babbo lavorò per molti anni in Germania. “Vai, Peppino. Fai bene, sii onesto e ricordami.” Non c’erano lacrime né rimpianti nelle sue parole, solo un amore immenso che mi dava la libertà di inseguire i miei sogni.

Ma questa non fu l’unica volta in cui dimostrò la sua forza. Dopo la morte del Babbo, quando eravamo ancora piccoli, alcune signore “Le dame di San Vincenzo” vennero a proporle di mettere mio fratello in collegio. Era una soluzione che avrebbe potuto alleggerire il peso della nostra situazione economica. La Mamma, però, riunì noi figli attorno al tavolo e ci chiese cosa ne pensassimo. Mio fratello, spaventato all’idea di separarsi da noi, disse subito: “No, Mamma, voglio rimanere con voi.” Io non ebbi nemmeno bisogno di parlare; il mio silenzio e gli occhi lucidi bastavano a far capire che volevo lo stesso. La Mamma ci sorrise e disse: “Vivremo del poco che avremo, ma del tanto amore che c’è fra noi.”

La sua forza si manifestò ancora quando un uomo sconosciuto venne a casa nostra e le propose di formare una nuova famiglia, la mamma era rimasta vedova da poco tempo. Sarebbe stato un modo per alleviare le difficoltà economiche, ma lei scelse di consultare noi figli prima di prendere una decisione. E ancora una volta decidemmo insieme: il nostro amore e la nostra unità valevano più di qualsiasi comodità materiale. 

Non racconto queste vicende per suscitare pietà o per fare del vittimismo, ma per rendere omaggio a una madre che ha saputo trasformare la povertà e le difficoltà in una lezione di vita. Lei ci ha insegnato che l’amore vero non è possessivo, che il sacrificio è una forma di forza e che le avversità possono forgiare il carattere e motivare la volontà di emergere. 

Oggi, guardando indietro, capisco quanto quei momenti abbiano influenzato la mia vita. Ogni passo avanti che ho fatto è stato un tributo al suo coraggio e al suo amore incondizionato. E ogni successo raggiunto è una vittoria condivisa con lei, che ha sempre messo il nostro bene davanti al suo.” 

Questa è la storia di una madre straordinaria e del legame indissolubile di una famiglia che ha scelto di restare unita, contro tutto e tutti. Una storia semplice, ma ricca di significato.

Exit mobile version