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La nuova rivoluzione si fa al bar!

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Dallo scorso aprile Bar.it ha un nuovo amministratore, Francesco Cacopardo, che incarna perfettamente le caratteristiche di questo nuovo corso e percorso.

(Questo articolo è all’interno della rivista di luglio 2015 di bar.it Mag online)
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Francesco Cacopardo è un uomo con le idee chiare, con una grande esperienza in ruoli commerciali ed organizzativi in Italia e all’estero, e posizioni di vertice in Carrefour e Metro. Consulente manageriale per imprese alimentari e distributive, in questa intervista scopriamo il suo pensiero del mondo horeca, i cardini del suo nuovo progetto e i motivi per cui un bar può essere considerato a tutti gli effetti un’azienda che punta al business.

Il bar va considerato un’impresa a tutti gli effetti

Francesco, dopo la laurea in economia e commercio ti sei trasferito in Spagna per il primo lavoro. Quanto è stata importante questa esperienza all’estero per la tua carriera?
Di certo è stata un’esperienza di vita straordinaria ed una scuola professionale di primissimo livello. Negli anni ’90 per me è stata una scelta vincente quella di andare all’estero, oggi purtroppo per i giovani è diventata una necessità.

La crisi sembra aver intaccato anche il settore horeca. Qual è oggi la situazione di questa porzione di mercato?
Qualsiasi settore ha subito la crisi e continua a soffrire. Con i consumi che si sono ridotti il settore horeca ne ha subito pesantemente le conseguenze ed è stato anche penalizzato dalla stretta finanziaria. Sto vedendo dei segnali di ripresa soprattutto per i bar, ma il settore horeca in generale sembra risvegliarsi anche grazie alle nuove tendenze legate al food. Attenzione però, come sempre ciò che viene premiata è la professionalità, che deve sempre accompagnare ogni buona idea.

Ci spieghi perché il bar può essere considerato un’impresa a tutti gli effetti?
Il bar è un’impresa a tutti gli effetti perché occorre avere una chiara idea di business, gestire risorse umane e finanziarie, controllare il conto economico ma soprattutto attrarre, accogliere e fidelizzare il cliente. Oggi più che mai questi principi dovrebbero rappresentare la base di ogni attività.

I locali pubblici devono tornare ad essere centri di socializzazione

Consideri il bar come un’azienda. Quali sono le cose che un gestore non deve mai dimenticare per fare business?
Mi piace sempre ricordare che il bar deve avere una sua personalità, ed è importante che sia riconosciuto come qualcosa di “unico” attraverso un’offerta di prodotti a valore aggiunto direttamente preparati dal gestore, freschi e home-made. Inoltre, il cliente è il vero padrone: l’importanza di cose semplici come il sorriso, la capacità di ascoltare le esigenze e di renderle proprie, fa di quel locale una seconda casa dove le persone si recano per avere qualcosa di più di un caffè.

Hai scelto di inserirti attivamente nel progetto Bar.it. Perché e che cosa rappresenta per te questa sfida?
Dopo tanti anni di attività aziendale, gli ultimi dei quali passati soprattutto a tagliare o razionalizzare risorse, avevo il desiderio di costruire un progetto fondato su basi “sociali”, e in Italia ritengo che da sempre il bar sia il vero centro della socialità. Ciò che dico sempre è che se da una parte è vero che i social network hanno messo in crisi il bar come elemento di socializzazione, dall’altra sono strumenti utili per farlo rifiorire! Per una serie di contingenze questo luogo ha perso parte di questa funzione, e noi abbiamo l’ambizione di rimetterlo al centro della nostra cultura, passando non tanto attraverso informazioni prettamente tecniche – acquisibili comunque in corsi specifici – ma attraverso una condivisione che sia la più trasversale possibile. Riteniamo che oggi siano tre i cardini fondamentali di questo percorso: dare facile accesso all’informazione, sia in entrata che in uscita; investire su se stessi, formarsi e tenersi aggiornati costantemente; essere flessibili e sempre pronti a modellarsi a ciò che mercato e società richiedono. Bar.it, quindi, informa, forma, riforma.

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