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Il bar dei gatti!

Il primo ad avere l’idea fu il Cat Paradise di Taipei, a Taiwan, ma poi la tendenza si è diffusa anche nel vicino Giappone (complici i rigidi regolamenti condominiali che impediscono alla maggioranza dei giapponesi di tenere un animale domestico), al punto che oggi i Neko Café («neko» significa «gatto» in giapponese), altrimenti noti come «Cat Café», sono oltre un centinaio in tutto il Paese (39 solo a Tokyo, dove i due più famosi sono il Cat Cafè Nekorobi e il Cat Cafè Calico) , anche se, dopo l’allarme degli animalisti sul possibile stress a cui verrebbero sottoposti i gatti dal continuo contatto con gli umani, le autorità stanno pensando di inasprire le norme riguardanti l’esibizione pubblica degli animali.

I cat cafè sono dei locali dedicati ai gatti dove l’atmosfera è rilassante e per 7 euro l’ora i clienti, dopo essersi tolti le scarpe e lavati le mani, possono coccolare i mici che girano indisturbati per il café, salendo sui tavoli o spaparanzandosi sui divanetti (ma se dormono non possono essere svegliati).

Impensabile però che la moda dei Cat Café potesse restare confinata nel Sol Levante e infatti l’idea è sbarcata anche in Europa. L’anno scorso Vienna è stata la prima città del vecchio Continente ad aprire un locale simile (il Café Neko, in Blumenstockgrasse 5 , grazie alla proprietaria, la giapponese Takako Ishimitsu).

Londra potrebbe seguirla a breve: grazie infatti alla generosità dei lettori del quotidiano The Independent, a cui aveva raccontato la sua iniziativa all’inizio di gennaio , l’imprenditrice 30enne Lauren Pears è riuscita a raccogliere oltre 109mila sterline di donazioni sulla sua pagina indiegogo.com (piattaforma internazionale di crowd-funding) e ha già individuato una proprietà nell’area londinese di Old Street che sarebbe perfetta per il suo Cat Cafè, dove dal prossimo maggio potrebbero essere ospitati fra i 10 e i 15 gatti provenienti dalla Mayhew Animal Home di Kensal Green (zona nord-occidentale di Londra).

Gli animalisti britannici sembrano decisamente freddini di fronte all’iniziativa di derivazione jap, infatti credono che i gatti sarebbero molto più felici se stessero in una famiglia e in una casa piuttosto che a contatto con un gruppo di persone che cambia di continuo e sono anche preoccupati per il fatto che se uno di questi gatti un giorno si smarrisse, non potrebbe sopravvivere a lungo per strada.

Il mio dubbio sta anche nel fatto che gli animali girando nel locale possano lasciare peli ed escrementi, e non che cosa d’altro che poi possa venire a contatto con i cibi e le bevande.

Antonella Ciccarelli

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