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Peppino Manzi e il magico Caffè Regina di Francoforte

Un’esperienza unica al Dancing Caffè Regina di Francoforte 

La svolta arrivò quando fui assunto presso l’American Bar Grill Room del “Dancing Caffè Regina” a Francoforte, un locale che si distingueva per eleganza e fama.

Situato an der Hauptwache, erste zail, il cuore pulsante della città, il Regina era molto più di un semplice bar: era un luogo magico, con arredi di lusso, un dancing spettacolare e una programmazione musicale che alternava orchestre cubane, italiane e spagnole. A volte, queste orchestre erano così grandi da contare venticinque elementi! Inoltre, il locale ospitava spettacoli di cabaret provenienti direttamente dalle luci di Parigi.La clientela era variegata e cosmopolita: tedeschi, naturalmente, ma anche molti americani grazie alla vicina base militare. Pensavo che lavorare in un ambiente del genere mi avrebbe immerso nella lingua tedesca, ma con mia grande sorpresa scoprii che la brigata del bar era composta per la maggior parte da italiani! Su sette persone che formavano la brigata del Grill Room, cinque erano italiani, uno spagnolo e solo uno tedesco, che per giunta voleva imparare l’italiano.

 Questo mi fece riflettere su un fenomeno curioso: nel settore della ristorazione e dell’ospitalità in Germania, la presenza italiana era dominante. Constatai che ovunque, dagli hotel ai ristoranti, c’era personale italiano altamente qualificato. Era evidente che gli italiani avevano una reputazione consolidata per la loro professionalità e le buone maniere nel ricevere i clienti.

Nonostante le mie aspettative iniziali di imparare il tedesco in modo rapido, mi resi conto che questa esperienza aveva comunque un valore immenso. Lavorare in un locale così prestigioso mi permise di affinare le mie competenze e di confrontarmi con una clientela internazionale. E anche se il mio tedesco progrediva lentamente, la consapevolezza di far parte di una tradizione italiana di eccellenza nella ristorazione era motivo di orgoglio.

Il Dancing Caffè Regina non fu solo un luogo di lavoro, ma una finestra sul mondo, un’esperienza che mi insegnò che a volte i piani iniziali possono cambiare, ma il valore delle lezioni apprese rimane. E sì, dove c’è ristorazione e qualità, c’è sempre un pizzico d’Italia!

Cominciai il mio servizio al Regina un sabato sera: ovviamente, il locale effettuava solo un servizio serale.Un tuffo nel fascino del Grill American Bar 

Il Grill American Bar Regina, un luogo che sembra uscito direttamente da un film d’epoca, incarna l’essenza della raffinatezza e della professionalità nella ristorazione. Con il suo grande banco a forma di “U” circondato da poltroncine e tavoli esterni, questo locale non era solo un bar, ma una vera e propria esperienza sensoriale.

Diretto da personale con esperienze internazionali, molti dei quali formati nei prestigiosi Möwempick svizzeri, il Grill era il punto di ritrovo per una clientela elegante e cosmopolita. Tra tutti spiccava Franco Melega, capo barman e maître di origine bolognese, maestro nell’arte dei piatti flambé. La sua specialità? Filetti di manzo cucinati alla lampada, con salse che riempivano l’aria di un aroma irresistibile.

Lavorare al Grill American Bar non era solo un lavoro, ma una scuola di vita. Ogni serata era una sfida, ma anche un’occasione per crescere e imparare. E nonostante i sacrifici fisici e qualche incidente sul lavoro, sentivo di essere nel posto giusto, quello che avevo sempre sognato. Questo luogo non era solo un ristorante: era un mondo fatto di eleganza, passione e professionalità. Un mondo che mi ha insegnato tanto e che porterò sempre nel cuore.

Ci sono esperienze che rimangono impresse nella memoria, nonostante gli anni. Una di queste è stata la mia prima sera di servizio al Grill American Bar del Caffè Regina, un sabato sera che ancora oggi ricordo con emozione. Era l’inizio di un percorso che, come spesso accade nella vita, richiedeva dedizione e sacrificio, persino fisico.

Il turno di servizio iniziava alle 17 del pomeriggio. Appena messo piede nel ristorante, fui subito colpito dalla moquette morbida che rivestiva l’intera sala. Dodici tavoli impeccabili, apparecchiati con cura, attendevano i clienti. Dopo aver aiutato con la mise-en-place, il servizio prese il via con gli aperitivi. Il banco bar si animava rapidamente, e i clienti, uno dopo l’altro, si spostavano ai tavoli.

Come dicevo, ricordo ancora la moquette soffice che ricopriva l’area del ristorante e ciò mi rese cosciente nel prosieguo della serata di lavoro. Dopo aver preparato la mise-en-place, il servizio iniziò con gli aperitivi al banco bar. Da lì, i clienti si spostavano ai tavoli, dove Franco dava spettacolo con la sua maestria.

L’atmosfera del locale era magica: luci soffuse, il tintinnio discreto dell’argenteria, bicchieri di cristallo che brillavano sotto le lampade e il movimento armonioso del personale. Era un luogo dove ogni dettaglio contava, dove la dedizione e la passione per il lavoro si percepivano in ogni gesto.

Come già ho detto il mio primo giorno al Grill American Bar fu un sabato sera, un momento perfetto per immergersi in quell’universo affascinante.

Franco Melega, barman e maître di grande esperienza, era il vero protagonista della serata. La sua specialità? I filetti di manzo alla lampada. Era un maestro nel preparare questo piatto: si muoveva con destrezza tra i tavoli, gestendo tre lampade sui guéridon (tavolinetto di servizio) con una naturalezza impressionante. Conversava con i clienti mentre cuoceva la carne davanti a loro, creando un’atmosfera conviviale e raffinata.

La scena era quasi teatrale: tre lampade accese sui guéridon davanti ai tavoli. Noi commis avevamo il compito di supportarlo in ogni fase. Come finiva di cucinare un filetto, ci mandava in cucina a prendere le patate il contorno immancabile per completare i piatti. Correvamo avanti e indietro dalla cucina per portare le pommes frits di contorno, completando quei piatti che sembravano opere d’arte.

Poi ci chiedeva di spostare la lampada al tavolo successivo. E qui entra in gioco un ricordo particolare: le lampade…

Le lampade utilizzate erano particolari, alimentate ad alcol e dal design insolito dette “americane”: basse e larghe, diverse dalle classiche verticali che avevo conosciuto in Italia. Per me erano una novità assoluta. Attualmente si usano lampade alimentate da piccole bombole di gas e non più dall’alcol.

la brigata del Caffè Regina di Francoforte

Un incidente al lavoro: una serata da ricordare

Lavorare in un ristorante di alto livello ha sempre il suo fascino, ma anche le sue sfide. Tra piatti da servire, clienti esigenti e dettagli da curare, ogni serata può trasformarsi in una piccola avventura. E, a volte, queste avventure prendono una piega decisamente inaspettata.

Quella sera imparai molto, ma purtroppo anche a mie sgradite spese. Non solo sull’arte del servizio, ma anche sul valore della collaborazione nella brigata. Ogni dettaglio contava, ogni azione contribuiva a creare un’esperienza unica per i nostri ospiti. Era un lavoro impegnativo, certo, ma anche incredibilmente gratificante.

Ripensando a quella prima sera al Caffè Regina, mi rendo conto di quanto quelle esperienze abbiano plasmato il mio percorso professionale e personale. A volte è proprio nei momenti più semplici — come spostare una lampada o servire un piatto — che si nasconde la vera essenza del nostro lavoro e della nostra passione.

Quella mia prima sera di lavoro al Caffè Regina era una serata frenetica, di quelle in cui tutto sembra scorrere a ritmo serrato ma perfettamente coordinato. Il maître mi chiese di spostare una lampada con cui aveva appena finito di cuocere la sua specialità. La lampada per i flambé, uno di quegli oggetti che danno un tocco di eleganza ai tavoli ma che richiedono estrema attenzione. Seguendo l’esempio dei colleghi, la sollevai con delicatezza dai manici, senza spegnerla — eventualmente, spegnerla era compito del maître.

Mentre mi dirigevo verso il nuovo tavolo, qualcosa andò storto. All’improvviso, la lampada prese fuoco, e gocce di alcol infiammato iniziarono a disperdersi ovunque. La mia mano sinistra fu subito investita dalle fiamme, e il dolore cominciò a farsi sentire. In quel momento, però, non potevo permettermi di mollare. Se avessi lasciato cadere la lampada sulla moquette, il disastro sarebbe stato garantito.

Con una calma che non avrei mai pensato di avere in una situazione del genere, mi girai e mi diressi verso l’office. Intanto, il fuoco aveva già fatto danni: alcune gocce avevano incendiato la moquette e persino il vestito di una cliente. Camminando sentivo il calore invadere il mio viso, ma la priorità era gestire la lampada prima che la situazione degenerasse ulteriormente.  

Per fortuna, i miei colleghi erano pronti a intervenire. Con un canovaccio semi-bagnato, avvilupparono la lampada, privandola dell’ossigeno necessario per bruciare, e la fiamma si spense. Lo stesso trattamento fu riservato alla mia mano, che però rimase gravemente ustionata. 

Un cuoco del ristorante, che aveva prestato servizio come infermiere durante la guerra, si occupò subito di medicarmi. La sua esperienza fu provvidenziale per alleviare il dolore e stabilizzare la situazione prima che potessi recarmi in ospedale il giorno seguente. All’ospedale la bruciatura alla mia mano si rivelò più grave di ciò che sembrava, subii un trattamento molto incisivo e doloroso per evitare che alla mano rimanessero le tracce dell’ustione strappando la pelle bruciata. Un buon lavoro medico!

Ripensandoci ora, quel momento è stato una lezione di sangue freddo e prontezza. Certo, avrei preferito evitare l’ustione e lo spavento generale, ma situazioni come queste ti insegnano molto su te stesso e su quanto sia importante mantenere la calma anche nei momenti più critici. 

Quella sera, ho fatto l’errore di muovere la lampada senza spegnerla prima. Ecco, diciamo solo che non è stato un comportamento da manuale, da inesperto ho ritenuto che l’ordina dato dal maître dovesse essere solo eseguito! Tra il fuoco che sembrava voler prendere vita propria e il panico generale, ho imparato una lezione che non dimenticherò mai.

Ci sono esperienze che ti insegnano più di mille lezioni teoriche. Una di queste, per me, è stata la famigerata lampada ad alcol. Quell’oggetto tanto elegante quanto insidioso, che si trova spesso nei ristoranti raffinati. Non so se avete mai avuto a che fare con una di queste, ma lasciate che vi dica: non sottovalutate mai il potere del fuoco e dell’alcol. E’ importante imparare dai propri errori. Perché alla fine, è proprio questo il punto: sbagliare non è un problema, se poi ne trai una lezione. E se mai dovessi trovarmi di nuovo alle prese con una lampada accesa? Beh, stavolta la spegnerò prima di muoverla!

E quando ho iniziato a insegnare nella scuola alberghiera, è stata una delle prime cose che ho voluto trasmettere ai miei allievi. Non importa quanto tu sia esperto o quanto ti senta sicuro: il rispetto per certi strumenti è fondamentale.

Poi i colleghi mi spiegarono che era usuale il problema con quel tipo di lampada: rimanendo accese per lungo tempo si surriscaldavano dando sfogo sviluppando un infausto piccolo incendio, che il maître era un ordine che non doveva impartirmi se non prima avrebbe dovuto spegnerla lui stesso. Poi rimanendo in quel locale, per un anno intero, anch’io mi resi conto che l’inconveniente succedeva spesso di dover correre con un panno a sopprimere l’aria per spegnerla.

Si rallegrarono e mi fecero i complimenti per la mia volontà e fredda determinazione di aver limitato i danni, ma con quale dolore e conseguenze subite, dovendo rimanere per un periodo senza la possibilità di lavorare e contemporaneamente essere senza i pasti giornalieri somministrati solo al personale in servizio e a quell’età durante la giornata l’appetito si faceva presente molto spesso e comunque dovevo aspettare la fine del mese per avere qualche soldo in tasca.

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