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Vi siete mai chiesti cosa differenzia uno chef da un bartender? Fondamentalmente nulla: entrambi utilizzano prodotti e materie prime della terra per trasformare la loro passione e professionalità e condividerla col cliente.
Perché non unire le due cose? Una conferma che questa idea sia, oltre che possibile, anche vincente, lo dimostra il locale “Carlo e Camilla in segheria” a Milano. Oltre all’ambientazione molto affascinante, sia negli spazi interni, caratterizzati da un solo open space, che in quelli esterni, dove poter gustare un ottimo aperitivo, qui i bartender Filippo Sisti e Federico Volpe, insieme agli chef Emanuele Pollini e Luca Sacchi, hanno amalgamato la loro esperienza per creare qualcosa di innovativo.

Il locale Carlo e Camilla in segheria
Il locale “Carlo e Camilla in segheria”

Quello che sicuramente colpisce è la cura e la ricerca che mettono in ogni drink o piatto presente sulla lista. Nulla è lasciato al caso, niente improvvisazioni, e per chi come me è molto attenta alla totalità del servizio, trovare un team di persone così collaborative tra di loro è stata una piacevole sorpresa. Per questo motivo, quando ho saputo del workshop che avrebbero tenuto per pochi addetti ai lavori, ho chiesto di poter partecipare, incuriosita dal sapere come nascono certe idee.

La nuova frontiera della cucina al bar
La nuova frontiera della cucina al bar

Ed è qui che, senza presunzione ma con tanta umiltà e voglia di condividere, tre giovani bartender (Filippo Sisti, Federico Volpe e Luca Vezzali) ci hanno coinvolto in quello che è poi diventato uno scambio d’idee tra amici. Senza voler insegnare nulla, ma suggerendo nuovi modi di approcciarsi alla miscelazione e alla ristorazione, ci hanno messo a parte del loro mondo. Lo scambio di opinioni e la sinergia di più personalità hanno portato alla domanda: perché non sfruttare quello che mi può offrire la cucina nel bar e viceversa?

Si possono usare le stesse tecniche di preparazione (marinature, estrazioni, cottura al cartoccio, infusioni ecc.)? Si può dare la stessa struttura di un piatto a un drink? La risposta è sì. Con conoscenza delle materie prime a disposizione, diversificazione dei prodotti, ma soprattutto sperimentazione e studio, si può dare vita a un progetto dove nulla viene lasciato al caso (struttura, fattibilità, tempi di preparazione, reperibilità delle materie, presentazione del prodotto, costo), il cui risultato finale può essere davvero stupefacente per chi come me, sedendosi una sera davanti a un banco bar per un dopo cena tra amici, mentre beve un drink che magari non avrebbe mai scelto per quanto improbabile, ma che il barman dopo aver chiacchierato un po’ con te per capire cosa bevi di solito ti ha suggerito di provare, non può fare a meno di chiedersi: ma come è nata questa alchimia?

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