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Bere il caffè è un rito ed è sempre stato modificato nel suo condimento principale: lo zucchero perché sin dalla sua scoperta è stato consumato più per i suoi effetti sul corpo e per i suoi profumi che per il suo gusto, risultante molto amaro.

Se ne parla gia ai tempi di Omero, e lo si beveva a Troia. Lo consumavano nello Yemen nel 1450 e solo fra il 900 e l’anno 1000 approda in Italia, come spezia ma soltanto nel 1650 grazie ai veneziani che si parla di caffè nero da consumare.

Altri condimenti abituali del caffè sono il latte o la panna liquida, serviti in piccoli contenitori a parte o direttamente in tazza. Se il caffè è ben forte e concentrato, alla turca o all’italiana, l’uso consiglia di accompagnarlo con un bicchiere d’acqua fredda a parte, per sciacquarsi la bocca.

L’abitudine di proporre sul piattino un quadratino o un pezzo di cioccolato viene della Svizzera e dal Belgio e il biscottino spesso aromatizzato allo zenzero o alla cannella è invece una tradizione anglosassone. E’ proprio l’anice che diventa nella storia il sovrano correttore del caffè.

Durante la prima guerra mondiale, la Camera tolse ai deputati tutti i privilegi, perfino il caffè. Vittorio Emanuele Orlando, ministro e poi presidente del Consiglio, chiese almeno acqua e anice. Il liquore all’anice, ritenuto medicamentoso, era usato per sanificare l’acqua, garantirne la pulizia e migliorarne il sapore. Da allora, accanto alla fontanella nel Transatlantico, c’è una bottiglia di anice, Ma il suo uso viene ancora da più lontano, già i romani avevano l’abitudine di correggere le loro bevande con l’anice.

Scavi a Naipur hanno portato alla luce raffigurazioni che esaltavano le virtù di tali bevande già 7mila anni fa. Essendo una pianta molto diffusa, l’anice, nelle sue diverse tipologie, è alla base di liquori in tutto il Mediterraneo. Tra i più famosi, pastis francese, anìs spagnolo, ouzo greco, raki turco, mistrà, sambuca e il tutone.

Al caffè si andava per chiacchierare, riposarsi e bere il caffè seguendo un piccolo rito che consisteva nell’accompagnare la tazzina con un bicchier d’acqua spruzzata di mistrà. Perciò alla comparsa delle prime botteghe del caffè era uso e costume correggere il caffé con il prodotto mediterraneo più consumato e conosciuto: il mistrà. Veniva dato ai soldati che andavano in guerra, come racconta l’ottocentesca ballata «La partenza del crociato» «La sua bella che abbracciò gli diede un bacio e disse: Va! E ponigli al collo la fiaschetta del mistrà»

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E ciò rende chiaro che il caffè in connubio con il gusto dell’anice, una volta incontrato, non ne abbia più potuto farne a meno. Il Varnelli re fra tutti gli anici per purezza e raffinatezza non può che esserne il sovrano correttore.

Stefano Renzetti

 

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